martedì 5 aprile 2011

Il Muro di Frank

Il mio primo muro dei 30 l'ho trovato a 43 anni.
A febbraio la prima mezza maratona, e una settimana di dolori.
Poi un marzo di buone corse, costanti, e la distanza dei 15km ha smesso di
essere "lunga".
Fra un mese la prima maratona, e mi aspettano almeno tre lunghi intorno ai
30km
Oggi é stato il primo.
Sono partito tranquillo, mi avevano consigliato di andar piano e ho deciso di
ascoltare. 6 minuti a km, quando sulle distanza corte viaggio di solito intorno
ai 5' e 15" all'inizio per scendere a 4' e 45" nella fase centrale.
Ho deciso di affrontare solo strade conosciute, per avere piú chiaro il
concetto di spazio, distanze rimanenti, e ridurre lo stress.
Mi devo concentrare per non accelerare.
Arrivo a casa dei miei dopo 18 km, in 1h e 45', in condizioni perfette,
quelle in cui dici...potrei continuare all'infinito. Sono piú lento rispetto
alla mezza maratona, e considerando l'obiettivo direi in perfetta tabella di
marcia.
Passo dalla mia prima casa, a Camparada, dalla casa della mia prima
fidanzata, dal campo da rugby e mi dirigo alla prima casa che ho abitato dopo
la separazione. So benissimo dove sono, ho perfetta coscienza delle distanze
che mi attendono, il livello di stress é nullo, mi sento forte come un leone.
Passo la tangenziale e affronto la salita da Lomagna a Carnate.
Accorcio il passo, e le gambe dibentano subito dure.
Arrivo alla fine della salita, niente di che, saranno 5-600mt, provo a
distendermi, ma le ginocchia non ne vogliono sapere, non si distendono e le
gambe diventano dure dure.
Sto correndo da 2 h e 40', fa caldo e io sudo molto e cosí decido di fermarmi
a bere un po'.
Entro al bar di una coop, ma anche solo bere sembra un'impresa. Non riesco a
deglutire che piccoli sorsi con grandi intervalli. Finisco il bicchiere e il
timore di disidratazione é svanito.
Esco e mi sembra di essere scollegato dalle mie gambe. Non vanno dove gli
dico. Spingo il piede in avanti, ma lui si ferma prima di quel che vorrei, il
ginocchio non si iperestende piú e il piede atterra di pianta e non di tallone.
I polpacci sono di marmo e le cosce stanno seguendo a ruota. Comincia il
dolore, quello vero, non acuto, diffuso. Ne ho provati di dolori acuti, la
frattura scomposta di radio e ulna, diverse dita, il naso due volte, due
lussazioni di spalla, ma soprattutto la lussazione dell'anca con frattura del
bacino.
Niente di simile, il dolore é diffuso, parte dalla pianta del piede, prende
caviglia e malleolo, tutto il polpaccio, il ginocchio, le cosce sia davanti che
dietro. Si salvano solo il tallone ed il gluteo.
Non riesco neanche a camminare, sono tutto scoordinato.
Finalmente il mio primo muro!
 Sapevo che l'avrei incontrato.
Mi fa male tutto. Cammino fino alla statale e ricomincio a correre, la faccia
contratta e contorta, il male non accenna a passare.
Dopo quasi un km riesco di nuovo a distendere le ginocchia senza dovermi
concentrare. La sensazione di potenza ritorna a galla. Sto correndo piano, ma
bene, mi sento forte. Mancano almeno 8 km a casa ora non mi sembrano pochi.
Attraverso Bernareggio, passo Aicurzio, inizia la conca che porta a Bellusco.
In discesa non riesco piú a controllare bene il passo, devo tenerlo breve anche
in discesa. La spavalderia sparisce come un cattivo amico nel momento del
bisogno. Rotonda, inizia la salita.
Mancano quattro km, un incubo. Accorcio il passo, ma lui si accorcia molto
piú di quel avevo in mente. Ancora una volta il segnale arriva dai polpacci.
Duri come il marmo. Comincia il dolore. Le cosce seguono a ruota. Il dolore
cresce. É peggio di prima. Molto peggio.
Non voglio fermarmi. So che se mi fermo sono finito.
Arranco fino alla fine della salita.
Non riesco a distendere le ginocchia, non riesco ad allungare il passo, ho la
faccia contorta dal dolore e un occhio chiuso e ogni respiro é un lamento. Il
mio ritratto di Dorian Gray si é sostituito a me durante la salita.
Mancano due km e mezzo, e sono lunghissimi.
Non controllo piú i piedi, barcollo, e se cado in strada mi travolgono. Mi
arrendo e decido di proseguire camminando.
Il primo passo camminato é peggio dell'ultimo corso.
Il dolore si é diffuso ovunque. Non riesco a tenere aperto neanche l'altro
occhio.
Non posso continuare a occhi chiusi sulla strada. Mi fermo e faccio
stretching. Non funziona, non riesco a tenere una posizione per piú di mezzo
secondo. Non riesco a stare fermo e non riesco a camminare.
Dolore per dolore ricomincio a camminare.
Ma come cazzo fanno i maratoneti veri? E gli ultramaratoneti?
Io volevo incontrare il muro e affrontarlo. Pensavo se non lo vinco cammino?
Ma quí ho l'impressione che sia il muro ad aver trovato me e mi sia crollato
addosso. Mi sono fermato io, lui invece continua a sbattermi incontro e non si
ferma.
Non vedo la fine, non la vedo. Mancano due km e non li vedo. A dir la verità
non vedo niente.
Arrancare é un complimento per quello scoordinato assembramento di movimenti
con cui avanzo.
Arrivo ad una aiuola a cui hanno appena tagliato l'erba. Non mi ci sono
buttato, ci sono crollato, arrotolandomi su me stesso come un cobra che rientra
nel cesto dell'incantatore di serpenti.
Non riesco a stare sdraiato, non riesco a fare stretching, non riesco a fare
niente. Il dolore é diffuso ovunque e io ho perso la battaglia.
Due minuti, un'agonia.
Mi rialzo e cammino. Se non cammino non arriveró mai. Perché stavolta non
passa?
Il fisico mi ha abbandonato, si é scelto un nuovo padrone, perché é sicuro
che io non gli sto dicendo di muoversi cosí.
Oramai mi fanno male anche i piedi.
Non riesco a tenerli nelle scarpe.
Via la scarpe, si continua sulle calze.
50 mt, di sicuro non cento. Non ho perso, é una rotta. Mi sposto sull'altro
lato della strada. Aspetto il primo camion che passa e mi metto in mezzo alla
strada, braccia in alto, palmi aperti, le scapre nella sinistra, non puó non
capire.
Si ferma a venti da me. Un'eternità.
É un bergamasco simpatico, di San Pellegrino, e mi porta fin sotto casa.
Apro il portone e .... tre piani di scale .... niente ascensore.
Salgo come i bimbi, un gradino alla volta mano ben salda sul corrimano.
Entro in casa ed il dolore é ancora tutto mio. Divano, poltrona, sedia,
niente, non passa.
Adesso credo di capire le crisi di astinenza dei drogati da eroina, quando un
corpo assuefatto ad un antidolorifico te lo chiede facendo esplodere ogni
terminazione nervosa con scosse di dolore.
Apro l'acqua della vasca, e mentre si riempie vago per la casa come il
drogato astinente.
Piena!
Brucia. Non é calda, ma brucia. Non appena entro l'assenza di gravità ottiene
l'effetto sperato.
Sollievo.
Tre cicli di idromassaggio. I soldi meglio spesi della casa!
Divano!
Morfeo arriva come il bergamasco simpatico, e mi porta via.
 Sono passate sei ore. Quel dolore é sparito. I muscoli sono ancora
doloranti, ma é un dolore diverso, conosciuto, quello di mille dopo-partite,
quando la soddisfazione risale la china ed viene a trovarti. Ho corso
esattamente tre ore e mezzo, 31 km, il mio massimo, di gran lunga.
Ho conosciuto il nemico.
Ho già voglia di riaffrontare il muro.
E vincere...

1 commento:

  1. Caro Frank il primo muro nella corsa di fondo è come l'amore non si dimentica, bravo complimenti per la volontà.

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